In un raro comunicato stampa dopo una riunione del Comitato permanente del Politburo, Xi Jinping richiama nuovamente i suoi più alti funzionari alla lealtà verso il Partito. Uno sforzo che sta caratterizzando la sua legislatura, assieme alla campagna contro la corruzione. È dai tempi di Deng Xiaoping che non si cercava di restaurare la completa sovrapposizione tra Stato e Partito.

Con la stessa lente possono essere lette le recenti critiche sui quotidiani di stato alla Lega dei Giovani comunisti, un’organizzazione che ha portato al potere diversi nomi importanti, non ultimo l’ex presidente Hu Jintao. Xi, che è espressione della fazione contrapposta dell’aristocrazia rossa, ovvero chi ha fatto carriera grazie ai suoi natali prima che per le sue scelte politiche, sta preparando il terreno per il Congresso del prossimo anno, quando cinque dei sette membri del Comitato permanente dovranno essere sostituiti per motivi di età. La sfida è quella di accentrare ancora più potere nelle mani di un’unica leadership.

I quadri che hanno alle spalle la militanza nella Lega dei giovani comunisti si troveranno ad affrontare “acque tempestose”. Questo in sintesi l’editoriale di ieri del Quotidiano di Pechino. Neanche una settimana fa un’altra critica alla stessa “fazione” politica era venuta dai quotidiani di stato che ne sottolineava l’attitudine “egoista”. Da quando è salito al potere nel novembre 2012, Xi Jinping e i suoi alleati hanno scelto l’approccio mediatico dei “rottamatori”, come se il loro compito primario fosse quello di riordinare il caos lasciato dalle amministrazioni precedenti: corruzione, inquinamento, diseguaglianze sociali e capacità di mettere in discussione le regole del Partito unico.

Non è un caso che, riportando il pensiero di Mao Zedong, appena un mese fa in un incontro ai vertici il Presidente dello stato più popoloso del mondo abbia affermato: «Il Partito e il governo; i militari, i civili e la cultura; il nord, il sud, l’est, l’ovest e il centro. Tutto è sotto la guida del Partito». Da allora almeno 14 alti funzionari hanno rispolverato per lui un appellativo che non si sentiva da almeno dodici anni. Xi Jinping diventa hexin, “cuore” e “nucleo” di quella complessa piramide politica in cui Stato e Partito si sovrappongono: la Repubblica popolare. «Salvaguardare il “cuore”, il segretario generale Xi Jinping, e applicare alla lettera ogni decisione che viene dal centro» è la formula di rito più comunemente usata dalla propaganda nell’ultimo mese.

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