In Svezia un profugo eritreo ammazza una bambina di sette anni tagliandole la gola. La notizia gira da alcuni giorni su diversi siti online svedesi ed è arrivata anche in Italia. I fatti sono avvenuti a Upplands-Bro, paese a nord di Stoccolma, dove il 36enne Daniel Gebru avrebbe sgozzato la figlia della famiglia che lo ospitava. Secondo le ricostruzioni l’uomo non sarebbe stato in grado di spiegare alla polizia le ragioni del gesto.

La notizia è stata ripresa anche da una nota testata italiana, che aggiunge che l’uomo sarebbe stato condannato a una «breve detenzione in un istituto psichiatrico e alla conseguente espulsione che, però, «non è ancora certa» perché a causa del crimine commesso, «potrebbe essere discriminato in Eritrea». Un’ulteriore ingiustizia. Che fa crescere l’indignazione, e le condivisioni su Facebook.

Il problema è che questa storia è falsa o, quantomeno, che le cose non sono andate così.

La notizia risale al 25 luglio del 2015, il giorno in cui una bambina di 7 anni viene trovata morta a Upplands-Bro. Ha una ferita alla gola. La bambina è in una pozza di sangue nel bagno dell’appartamento di famiglia, assieme a Daniel Gebru. A casa c’è solo la zia. Fin qui, tutto fila: una bambina è stata uccisa con una coltellata alla gola e ad essere accusato dell’omicidio è Gebru, il profugo eritreo ospite dei genitori della piccola.

Quello che la nota testata italiana non racconta è che l’assassino è stato trovato con un coltello conficcato in gola.

Daniel Gebru, come emerge durante il processo a suo carico, soffre di disturbi mentali e il 25 luglio del 2015 aveva preso due coltelli da un cassetto della cucina. Voleva suicidarsi. La piccola vittima è stata ferita quando è entrata nel bagno. Daniel le dava le spalle, si stava guardando allo specchio, uno dei due coltelli in mano. Forse, spiega l’avvocato della difesa, «stava cercando il coraggio di uccidersi». La bimba avrebbe cercato di abbracciarlo da dietro, lui - spaventato - l’avrebbe ferita girandosi con uno scatto.

Nessuno degli articoli - pubblicati in Svezia soprattutto su siti islamofobi - riporta questi particolari, nè precisa che Daniel Gebru è stato condannato per omicidio colposo. Quindi, non ha ucciso con intenzione. Tanto meno gli articoli spiegano che l’accusato è stato giudicato incapace di intendere e di volere al momento dei fatti e affetto da «gravi disturbi psichiatrici». La testata italiana, al contrario, racconta che l’uomo «per ragioni ancora ignote ha invece deciso di accoltellare a morte la bambina per poi guardarla morire dissanguata».

Ma c’è un’altra omissione che accomuna tutti gli articoli che hanno raccontato questa storia: si parla del profugo eritreo che ha ucciso la bambina della famiglia svedese che lo ospitava. E i commenti che compaiono online sono del tenore: «Gli immigrati uccidono i nostri figli», «Genocidio bianco causato dai clandestini», e così via.

Peccato che il «movente razziale» non esista: la piccola vittima, Yosan Afewerki, e i suoi genitori sono eritrei, come Daniel Gebru. Non che uccidersi tra eritrei sia meno grave, ma è evidente che immaginare una bionda bambina svedese sgozzata da un immigrato fa gioco a chi vuole istigare all’odio razziale e sostenere lo scontro «tra civiltà».

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