La Mostra, alle ultime battute, colleziona già foto per l’album dei ricordi. Ecco alcuni scatti destinati a restare, in ognuno dei settori che compongono il mosaico dell’evento.

I FILM

La magnifica sequenza finale di «Sangue del mio sangue», regia di Marco Bellocchio, con la suora murata viva che riemerge, dopo anni, dalle macerie della sua cella di pietra, più bella e seducente che mai.

La prima volta in cui Eddie Redmayne, mattatore di «The Danish girl», indossa gli abiti femminili che deciderà poi, cambiando sesso, di portare per sempre. Con le scarpine da ballo e il tutù appoggiato sulle spalle, Einar (poi divenuto/a Lili) svela con grazia infinita il piacere nascosto della sua vera sessualità.

Gli occhi lucidi di Alessandro Borghi in «Non essere cattivo», quando incontra l’ex-fidanzata (Silvia D’Amico) che esce di casa tenendo in braccio il bambino nato dalla sfortunata relazione con il compagno di scorribande ormai scomparso (Luca Marinelli). Nella sua commozione c’è il raggio della speranza di una vita migliore.

I DIVI

Johnny Depp che, dopo aver detto «i miei fan sono i miei capi», si concede con generosità ai ragazzi che lo hanno atteso sul tappeto rosso per ore e ore, accampati con i sacchi a pelo, seduti sotto il sole.

Tilda Swinton, meravigliosa in abito color panna, pronta per la proiezione di gala di «A bigger splash», impermeabile alle reazioni negative (fischi e bu) che hanno caratterizzato, nella mattinata, l’accoglienza della stampa, e sicura che, in ogni caso, la sua classe uscirà intatta dall’esperienza.

Juliette Binoche, protagonista dell’«Attesa» di Piero Messina, spettinata e senza trucco all’incontro con i giornalisti, poi, come in un sortilegio, trasformata, sul red carpert, in sirena sexy con abito lungo e profonda scollatura.

LE FESTE

La prima, sulla spiaggia dell’Excelsior, è passata alla storia della Mostra grazie al bicchiere di vino lanciato da Nastassja Kinski contro un giornalista. Speriamo che l’ultima, stessa location, non sia funestata da bislacchi verdetti dei giurati.

Ambitissima, organizzata al Bauer Palladio per lanciare il corto di Yvonne Sciò dedicato alla fotografa Roxanne Lowit, la serata è stata funestata dalla pioggia. Invitati in ghingheri travolti dall’acqua, cibarie velocemente trasportate al chiuso, ritardi astrali, motoscafi che oscillavano paurosamente sulle acque della laguna. In tanti, rientrati al Lido di gran carriera, si consolano sulla Terrazza Biennale, al party per «L’attesa», dove girano vassoi pieni di anguria tagliata a fette. E’ finita l’era del caviale e champagne.

Il documentario di Antonello Sarno s’intitola «Venezia Pop, l’arte in bianco e nero» (la prima occasione per vederlo è stasera, alle 21,20 è su Sky Arte HD) e ripercorre le tappe più significative della Biennale d’arte. La presentazione di un filmato che comprende immagini dei protagonisti della più importante mostra d’arte del mondo (da Marina Abramovic a Achille Bonito Oliva, da Michelangelo Pistoletto a George Clooney, sì, anche lui, in veste di appassionato della rassegna) non poteva che avvenire nel Teatrino di Palazzo Grassi. Insomma, appuntamento elegante riservato ad «happy few». E quindi atmosfera diversa da quella della festa per i dieci anni di «Diva e donna», al Centurion Palace sul Canal Grande, dove Valeria Marini, 48 anni, si è presentata coperta a mala pena da un velo di tulle. Fedele a se stessa, nei secoli.

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