Nove cadaveri all’ora, uno ogni sei minuti, 83 corpi in nove ore di lavoro. Come cala lo scirocco , nel mare di Lampedusa si recuperano morti. A questo punto è chiaro che su quella barca c’erano più di cinquecento persone, 518 per la precisione. Il che significa che se 155 sono i miracolati che ce l’hanno fatta e 194 i corpi recuperati, 169 sono ancora a 47 metri di profondità. Il che significa che, alla fine di quest’orrore, i morti potrebbero essere 363. Tanti cadaveri quanti ce ne furono nel terremoto che ha distrutto L’Aquila.

Mercoledì arriverà a Lampedusa, per la prima volta, il presidente della Commissione Europea: Manuel Barroso sarà accompagnato dal ministro dell’Interno Angelino Alfano e potrà rendersi conto di persona come nell’ultimo lembo d’Europa vivono e muoiono i migranti. Si muove anche l’Italia: il premier Enrico Letta annuncia che è ora di mettere in campo un rapporto «più stingente con la Libia», per evitare che da lì partano centinaia di carrette all’anno. E il ministro per gli Affari Europei Enzo Moavero sottolinea che l’Italia porterà al prossimo vertice Ue in programma a fine mese il nodo dell’immigrazione. Per dire basta a questo scempio e per tentare di far nascere davvero gli stati uniti d’Europa. L’altra urgenza fondamentale è rivedere la Bossi-Fini, quella legge che obbliga un magistrato a iscrivere nel registro degli indagati per il reato di immigrazione clandestina i migranti sopravvissuti al naufragio. Questa potrebbe essere la volta buona: il ministro dell’Integrazione, Ce’cile Kyenge, annuncia proprio davanti ai morti che il mare restituisce che la settimana prossima i ministeri competenti si siederanno attorno ad un tavolo per affrontare il problema e cancellare una norma che si fonda su un approccio repressivo del fenomeno.

Si sente alta anche la voce di Francesco. Il pontefice ha inviato sull’Isola il suo elemosiniere, monsignor Konrad Krajewski. E durante l’Angelus ha lanciato l’ennesimo grido di dolore: «Preghiamo tutti in silenzio per questi nostri fratelli e sorelle, uomini, donne e bambini. Lasciamo piangere il nostro cuore, in silenzio».

Quel silenzio che c’è laggiù, in fondo al mare. L’immagine che i sub di Guardia Costiera, Vigili del Fuoco, Guardia di Finanza, Marina e Carabinieri vedono è di quelle che non si cancellano: una massa di corpi pigiati uno sull’altro. «Sono attaccati l’uno con l’altro - racconta uno dei sub - da vivi non avevano più di 30 cm di spazio a testa. Ci sono pile di uomini e donne nella stiva, ne togliamo una e sotto ce n’è un’altra. Non si vede la fine». Li tirano fuori ad uno ad uno e poi li portano in superficie legati ad una corda alle caviglie, come si fa con i polli da mandare al macello. «Dentro e intorno alla barca è ancora pieno. E chissà quanti ancora ne troveremo quando allargheremo il raggio delle ricerche».

Dopo Laura Boldrini ieri, oggi è la visita del ministro dell’Integrazione Cecile Kyenge. Il ministro ha reso omaggio alle vittime nell’hangar, e ha avuto un leggero malore di fronte alle bare. Poi è scoppiata a piangere.

Dopo il momento di commozione Kyenge si è recata nel centro di accoglienza. «Siamo qui per l’ennesima strage ma spero, veramente che questo dramma possa farci cambiare tutti nell’approccio di questo fenomeno. Bisogna fare chiarezza sulle cause di questo dramma, della fuga di queste persone dai conflitti, facendoci riflettere sulla nostra posizione riguardo le nostre frontiere e il nostro mare». Lo ha detto il ministro all’Integrazione Cecile Kyenge oggi a Lampedusa, in visita anche al centro di accoglienza. «Chiediamo che questo dramma non sia affrontato in solitudine - ha aggiunto - ma da tutta l’Europa. Occorre dare risposte alle persone che fuggono e hanno bisogno di protezione e aiuto che dobbiamo garantire. Dobbiamo salvare la vita a ogni persona: ogni vita in meno e un contributo enorme che noi perdiamo».

Intanto il sindaco di Lampedusa dice stop alle polemiche. «Basta con questa inutile e ingiusta polemica. I pescatori della marineria di Lampedusa non lasciano morire i migranti in mare. Non lo hanno mai fatto e non lo faranno mai», dice Giusi Nicolini, che intende mettere la parola fine alla disputa sorta intorno alla vicenda della presunta omissione di soccorso ai naufraghi dell’Isola dei conigli. «Stiamo parlando di persone che per la disponibilità, lo sforzo e l’umanità dimostrati in questi anni nell’aiutare i migranti a mettersi in salvo e raggiungere le coste delle nostre isole, vanno solo ringraziati. Persone che hanno condiviso con tutta la comunità, con le forze dell’ordine e gli operatori del soccorso, dolore e rabbia per le tante vittime della Bossi-Fini - dice- Se vogliamo assumere un ruolo positivo in Europa, l’Italia deve prima riacquistare la credibilità perduta, cominciando con l’abrogare immediatamente le norme criminali del pacchetto Maroni».

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